Nel 1923 il Comune di Sant’Angelo dei Lombardi conferisce la cittadinanza onoraria a due accesi esponenti del fascismo.
L’articolo è comparso sul Quotidiano del Sud di domenica 4 Novembre 2018

La decisione del sindaco di Roma, Virginia Raggi, di procedere alla cancellazione di “Via Arturo Donaggio” e “Via Edoardo Zavattari”, due scienziati che nel 1938 firmarono il biasimevole “Manifesto della razza”, com’era prevedibile ha scatenato un bailamme. Lo stesso era avvenuto nella nostra provincia, allorché il consiglio comunale di Santa Paolina, alla fine dello scorso mese di settembre, ha deliberato la revoca della cittadinanza onoraria conferita nel 1924 a Benito Mussolini. Due provvedimenti che hanno immediatamente fatto montare l’indignazione nei rappresentanti del composito schieramento della destra.

A me, invece, non ha mai appassionato il revisionismo storico fatto di rimozione di targhe stradali, di statue abbattute o di intitolazioni cancellate. Una frenesia a colpi martelli e scalpelli che inequivocabilmente rivela un disagio a provare a far quadrare i conti del passato perché qualcosa non torna nel presente. Una contingente moda revisionista che rischia di essere senza fine, tanto da farci chiedere a chi poi toccherà domani, chi saranno i nuovi reietti, quali statue si abbatteranno e quali vie saranno cancellate. Dovremo forse attenderci che verranno spianati i simboli della Liberazione, se al potere dovesse arrivare la nuova destra xenofoba che sta dilagando in Europa e non solo? Dio non voglia! Sono più interessato, invece, al dato storico e conoscitivo che si può ricavare da alcuni fatti, da alcune notizie.

E proprio della concessione di un’altra cittadinanza onoraria voglio riferire, anzi di due. Provvedimenti finora restati sepolti (interessatamente?) sotto la polvere della storia e della damnatio memoriae nella quale dopo la Liberazione si son fatti cadere (doverosamente!) nomi di uomini un tempo illustri, assieme alle iniziative assunte nell’euforia del Ventennio. Sono sollecitato a tanto sia dall’attualità che dalla ricorrenza dell’ottantesimo anniversario della promulgazione delle infami “Leggi razziali.

La mia, mettiamola così, da cultore della “piccola” storia, è una scoperta d’archivio, assai modesta in verità, che però in qualche modo rimanda a quel tempo e al clima politico che regnava in Irpinia e più in particolare a Sant’Angelo dei Lombardi.

Fu nell’allora capoluogo del circondario altirpino, infatti, che l’Amministrazione cittadina convenne di attribuire la cittadinanza onoraria a Giovanni Preziosi (Torella dei Lombardi 1881- Milano 1945), che fu tra i primi firmatari del “Manifesto” e figura assai controversa dell’era fascista. E con lui al suo mentore e sodale politico, il pluridecorato capitano dei bersaglieri Aurelio Padovani (Portici 1889 – Napoli 1926), commissario politico del Partito Nazionale Fascista in Campania.

Mentre, tutto sommato, quest’ultimo è stato un esponente marginale nella storiografia politica altirpina, anche se con ben precise responsabilità nella fase embrionale del fascismo e nei primi anni della sua azione governativa, ben altro peso ebbe  Preziosi, assai vicino a Mussolini e autorevole membro della gerarchia in camicia nera. Diceva di lui Farinacci: «Ha un passato fascista di primissimo ordine. Nulla, diciamo nulla, gli si può rimproverare»; e di contro così lo giudicò Renzo De Felice: «Ebbe enorme responsabilità in quella pagina obbrobriosa della nostra storia recente che è stata la persecuzione antisemitica, ed in particolare nella sua fase più tragica, ai tempi della R.S.I., quando egli riuscì ad avere in mano la politica razziale fascista».

Il provvedimento amministrativo messo in essere dal municipio santangiolese prese l’avvio l’8 febbraio del 1923, allorché la Giunta Municipale, riunita nelle persone del Sindaco, l’ingegnere Daniele Sepe e degli assessori l’avvocato Gaetano Pelullo, e il farmacista Enrico Fischetti (l’avv. Tommaso Marinari, altro componente la giunta, era assente perché dimissionario), con l’assistenza del segretario comunale Giuseppe Sena, deliberò di «Fissarsi la riunione del Consiglio Comunale per 12 corrente alle ore 11, onde trattare i seguenti affari: Cittadinanza onoraria al Capitano Aurelio Padovani ed al Prof. Giovanni Preziosi». E fu proprio lunedì 12 febbraio che l’atto fu perfezionato con la ratifica del supremo consesso civico.

Quali siano state le ragioni o le benemerenze dei due esponenti del fascismo che indussero il consiglio comunale santangiolese ad orientarsi in tal senso non è dato saperlo. Senza allontanarsi dalla verità storica, certamente si può pensare che, stante la rilevanza dei nomi e l’influenza che al tempo i due “fascistissimi” avevano presso il Duce e il governo, a dettare l’ordine del giorno fu il senso di opportunismo e l’interesse di Sant’Angelo.

L’iniziativa, infatti, fu presa certamente a seguito della paventata soppressione del locale Tribunale, cosa che poi si concretizzò proprio di lì a qualche settimana, a marzo del 1923 (“per esigenze governative”, fu la motivazione), pertanto ogni voce che potesse spendersi per evitarla fu ritenuta opportunamente idonea e meritoria di essere coinvolta.

In tale strategia si inserì anche il Consiglio dell’Ordine Avvocati di Sant’Angelo dei Lombardi che, anche per la presenza nell’assise civica santangiolese di numerosi avvocati del foro altirpino, certamente sostenne o addirittura indusse il Consiglio Comunale a lusingare i due esponenti del fascio irpino e regionale con la concessione della cittadinanza onoraria, per ben motivarli nella battaglia in difesa del  tribunale.

Tutto inutile! Il Regio Decreto n. 601, del 24 marzo 1923, dispose la soppressione del presidio di giustizia. Gli avvocati altirpini decisero allora di provare ad insistere, tanto che il 28 marzo, appena quattro giorni dopo la pubblicazione del provvedimento governativo, il consiglio forense, sotto la presidenza dell’avv. Federico Criscuoli, stese una petizione a Mussolini, per chiedergli di ripristinare il Tribunale.

L’estensore della supplica, che portava anche la firma degli avvocati Francesco Fischetti, Vincenzo Pacifico, Ferdinando Pelullo, Genesio Aurilia e Filiberto Sepe, fu il comm. Michele Molinari, il quale ricordò pure che «nella vicina Torella dei Lombardi, comune legato a S. Angelo da antichissimi e mai smentiti vincoli di fratellanza e di affetto, ebbe culla l’illustre Dottore Giovanni Preziosi che, per le spiccatissime doti d’ingegno, di carattere, di rettitudine e di fierezza, per l’operosità e l’energia sempre spiegate nel campo del pubblico bene e nell’interesse e vantaggio della Patria, è assurto ora meritatamente alle più cospicue cariche dello Stato e gode alto prestigio e autorità». Scrisse altresì: «che si deliberi un voto di plauso e di omaggio al Dottor Preziosi, e lo si preghi di appoggiare e caldeggiare presso le competenti Autorità i suesposti desiderati di questo Capoluogo, nella fiducia che l’illustre figlio dell’Alta Irpinia nostra vorrà accogliere l’appello supremo della sua terra natale, che si rivolge a lui nel bisogno». All’unanimità dei presenti, il Foro altirpino deliberò quindi di «Esprimere, come esprime, un voto di omaggio e di plauso all’illustre Concittadino Dottor Giovanni Preziosi, vivamente pregandolo di rendersi interprete e propugnatore dei desiderati di questo Capoluogo presso la Direzione del Partito Fascista e il competente Ministero».

Sia il Sindaco Sepe che gli avvocati conoscevano bene quale fosse il legame che univa Giovanni Preziosi a Sant’Angelo e su questo riponevano le loro residue speranze di vedere riaperto il Tribunale. Nel capoluogo altirpino Preziosi aveva cominciato i suoi studi, entrando giovinetto in seminario, e qui, nella Cattedrale della Diocesi, ricevette l’ordinazione sacerdotale con l’imposizione delle mani del vescovo Giulio Tommasi. E ancora qui aveva pronunciato le sue infervorate orazioni teologiche prima che, in una data che non si conosce con precisione ma quasi certamente verso il 1921, decidesse di svestire la veste talare; «infeliciter dimisit habitum talarem», relazionò il suo Vescovo alla S. Sede. E sempre a Sant’Angelo, come annota Giuseppe Chiusano, Preziosi veniva a tenere le sue dotte conferenze, grazie alle quali, assieme alla sua intensa attività giornalistica, riusciva a introitare nell’opinione pubblica nazionale il corredo ideologico antiebraico, a cominciare dai preconcetti razziali che furono alla base delle famigerate leggi antisemite.

In questo stesso periodo, valga come ulteriore dato biografico, Preziosi aveva avviato una relazione con la sua segretaria, Valeria Bertarelli (1894-1945), divorziata e con un figlio, che poi sposò, a Fiume, il 14 dicembre 1921 (matrimonio però non riconosciuto in Italia).

I Santangiolesi confidavano che intervenisse, e forse addirittura ritennero che non ci sarebbe stato neppure bisogno di appelli, plausi o addirittura che venisse gratificato con la cittadinanza onoraria. Preziosi avrebbe certamente speso la sua influenza a favore della cittadina che lo aveva accolto ragazzo! Invece tutto questa entusiastica speranza ben presto si raffreddò, tanto che, per vedere riaperte le aule di udienza degli uffici giudiziari, Sant’Angelo e l’intero circondario dovettero attendere il 1932, pare solo per la forte influenza che arrivò da oltreoceano, per la pressione fatta dalle migliaia di emigrati negli Stati Uniti sui vertici del Governo e su Mussolini in persona.

olycom – marcia su roma – 1922 – MARCIA SU ROMA, SOLDATI, AVVENTO, FASCISMO, FASCISTI, ITALIA, ANNI 20, B/N, 122531

E a nulla, evidentemente, servì l’analogo riconoscimento assegnato al capitano Aurelio Padovani, che poco dopo la “Marcia”, a causa della sua intransigenza verso determinate frange del fascismo partenopeo, cadde in disgrazia agli occhi del Duce. Fu infatti a maggio dello stesso 1923 che il Segretario del Fascio napoletano venne espulso dal partito, per un evidente e mai rientrato dissenso con gli alti gerarchi. Una determinazione che raffreddò finanche la storica amicizia tra Preziosi e Padovani e nel contempo azzerò, casomai ci avesse pensato, anche ogni possibile intercessione del pluridecorato ufficiale napoletano a favore della riapertura del palazzo di giustizia santangiolese.

Senza null’altro aggiungere sulle pur interessanti biografie dei due, riferirò solo che le loro vite terrene si spensero entrambe in maniera tragica. Quella del capitano Padovani, l’uomo della “rivolta morale”, il cui impegno critico verso la locale classe dirigente tanto piaceva anche a Guido Dorso della “Rivoluzione meridionale”, come ha scritto Luigi Parente, cessò il 16 giugno 1926, assieme ad altri otto suoi sodali. A causarne la morte fu il crollo di un balcone del quarto piano di un palazzo nel centro di Napoli, dal quale si era affacciato per rispondere alla folla di acclamanti sostenitori che dalla via lo invocavano.

Giovanni Preziosi, invece, assurto fino alla carica di ministro nell’effimera stagione della R.S.I., si suicidò assieme alla moglie il 26 aprile 1945 a Milano, all’indomani della Liberazione, lanciandosi dal balcone (anche questo del quarto piano!) di Corso Venezia. Nella lettera di commiato lasciò scritto: «Ho vissuto tutta la mia vita per la grandezza della Patria. Seguii Mussolini perché vidi in lui l’uomo che alla Patria poteva dare grandezza. Dopo il 25 luglio sperai ancora. Oggi che tutto crolla non so fare nulla di meglio che non sopravvivere. Mi segue in questo atto colei che ha condiviso tutte le mie lotte e tutte le mie speranze. Di questo gesto, un giorno, nostro figlio Romano andrà orgoglioso».

Fascista “notevole”, come amava definirsi, Giovanni Preziosi, se non  addirittura precursore del fascismo. Tempra magnifica di eroe e di organizzatore, Aurelio Padovani, secondo il giudizio del torellese. Di entrambi resta la memoria di due personalità controverse, coerenti a loro modo nella militanza vissuta e praticata, deprecabili, di contro, per il rilevante contributo che diedero alla nascita e all’attestazione del fascismo e all’infame odio razziale.

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Michele Vespasiano

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