Facebook me lo raffiguro come un bar o un circolo, dove tutti hanno diritto di entrarci. Poi ci sono i profili personali, le singole pagine che io immagino siano dei tavoli o, per essere sciccosi, dei divanetti sui quali invitare a sedere gli AMICI, e con loro prendere un aperitivo, un tè, fare quattro chiacchiere. Ovviamente con costoro c’è un idem pensiero, una comunanza di idee e di valori altrimenti di che cosa si parla, su che cosa ci si confronta? Mica si possono fare solo ‘ndrecchiele (=pettegolezzi).
Può capitare pure che un amico sia in compagnia di altre persone, un semplice conoscente oppure uno che non si conosce per niente, cosicché è buona educazione invitare ad accomodarsi accanto a noi pure queste. E poi ci sono quelli che con garbo, perché ti conoscono o soltanto perché gli va, ti chiedono se possono sedersi al tuo tavolo, sul tuo divanetto per consumare insieme il tè o l’aperitivo. Ben vengano!
La conversazione spazia così su temi diversi, dal calcio alla cucina, dal tempo al gossip, dall’ultimo libro che si è letto alla politica. Tutto in modo piacevole. Poi, però, succede che il discorso scivoli su temi particolarmente sensibili e divisivi, e allora l’aria si fa pesante, la tensione cresce.
Capita così di ascoltare chi inneggia al mare che ha inghiottito 143 corpi di uomini, donne e bambini (“Dovevano restarsene a casa loro!”) e a Salvini che chiude i porti (“Fa bene, pensiamo prima agli Italiani!”); oppure chi spara a zero contro Papa Francesco che predica l’accoglienza (“Se li portasse a casa sua!”), e della Boldrini ricorda che ha sistemato figli nipoti e fratelli che non ha, per non so quante migliaia di euro di mensile.
Se succede questo al mio tavolo virtuale io ci provo a raddrizzare il tiro, a smontare le bufale, a ricordare le nostre radici cristiane, la nostra civiltà nata dal miscuglio di cento popoli e altrettante culture. Cerco invano di ricordare che il leader della Lega fino a ieri invocava il Vesuvio perché lavasse i Napoletani con il fuoco, che si vantava di pulirsi il culo con il tricolore, che cantava: “Senti che puzza scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani”, precisando che la gente del Sud “é troppo distante dalla nostra impostazione culturale, dallo stile di vita e dalla mentalità del Nord. Non abbiamo nessuna cosa in comune. Siamo lontani anni luce”.
Siccome sono sanguigno e sulla difesa di certi valori non transigo, per evitare che finisca, come si suol dire, “a chi si tu e chi so’ io”, mi alzo da quel tavolo e vado via. E spesso lascio pagate pure le consumazioni! D’altronde fino a poco prima erano persone che consideravo amiche, con le quali c’era un idem sentire che mai avrei supposto si sbriciolasse sotto l’assalto xenofobo di Salvini, il quale per uno squallido calcolo elettorale ha indirizzato il suo verbo razzista non più verso i meridionali bensì esclusivamente verso quei poveri cristi dei migranti (sì, poveri cristi, perché io i delinquenti li combatto a prescindere dal colore della loro pelle!).
Tutto, però, è rimandato alla prossima volta, quando mi ritrovo nuovamente al Bar Facebook. Va da sé che ove mai sulla soglia dovessero affacciarsi i tifosi di Salvini io mi giro dall’altra parte e mi guardo bene dall’invitarli a sedere al mio tavolo, e se sono loro a chiedere di poterlo fare non esito un istante a dire che quel posto è occupato. Ci sono altri tavoli, altri divanetti, chiedessero altrove ospitalità!
Sbaglio? Non credo… io a casa mia invito chi voglio e lo stesso, ovviamente, hanno fatto, fanno e faranno gli altri con me.
Ora però dai tavoli vicini mi arrivano critiche feroci. Ho visto gli indici puntati contro di me, ma giammai avrei creduto che si potesse arrivare a lanciarmi l’accusa di essere intollerante, dittatoriale, altezzoso, incolto. Addirittura di attentare alla democrazia che da sempre è il mio faro di vita. E chi lo fa, poi? Chi per primo mi ha detto che il posto al suo tavolo era occupato, chiamando a rinforzo anonimi azzeccagarbugli con i quali mai mi è capito di scambiare un’opinione, un pensiero compiuto e neanche un buongiorno o un buonasera. Li lascio fare, li lascio dire. Forse non hanno altri argomenti di discussione e non vorrei privarli del piacere di bearsi delle loro insulsaggini. Io sono e resto orgoglioso della mia “pochezza” culturale (a proposito, a chi crede di conoscermi dico che non sono laureato; ma in questo, perdonatemi la botta di supponenza, sono in buona compagnia, poiché anche Dario Fo, Enrico Mentana, Giuseppe Di Vittorio, Piero Angela, Eugenio Montale, Roberto Benigni, solo per dirne alcuni, non hanno mai cinto il serto di alloro).
Continuate, gente. Continuate pure, sappiate, però, che il mio divanetto non è orfano di amici, anzi! Molti altri se ne sono aggiunti, sia tra chi mi conosce da una vita sia tanti altri che proprio grazie ai miei post hanno mostrato di apprezzare le mie idee, i miei convincimenti.
Invito solo i miei aspri detrattori a riflettere che a dividerci non è il piacere per questo o quel film, il tifo per una diversa squadra di calcio (a proposito, io sono tifosissimo del Napoli!), l’apprezzamento per l’ultimo film al cinema o l’intenzione di vedere o meno il prossimo Festival di Sanremo. No, ci divide il diverso senso da dare alla vita. Io ho scelto di continuare ad essere umano, di credere nella civiltà e nei valori cristiani nei quali mi sono formato e nei quali mi sforzo quotidianamente di vivere, voi invece… Beh, l’avete capito che penso di voi!
Vi saluto, vado a rileggere Ignazio Silone e don Milani; voi tornate pure a Julius Evola e Prezzolini.
Il Bar Facebook ha tanti tavolini, cosicché ognuno può sedersi dove sta più comodo, scegliendosi i compagni che gli aggrada. Perché, come nel famoso film degli anni ’30, si possa continuare a dire «Grand Hotel, sempre lo stesso: gente che viene, gente che va, tutto senza scopo».