La Chiesa e il calendario liturgico festeggiano oggi, 25 marzo, l’Annunciazione di Maria, un episodio che è all’origine della storia di Cristo e suggestivamente descritto nelle pagine dei Vangeli, canonici e apocrifi.
Tanti artisti, fin dall’antichità e non solo nel panorama italiano, si sono misurati con il tema dell’annunciazione, da Giotto a Caravaggio, passando per il Beato Angelico per finire ai pittori contemporanei.
Tra tutte le tele, tavole, affreschi, miniature, l’Annunciata di Antonello da Messina è un’opera davvero straordinaria. Un’opera che fin dal primo sguardo conquista chi la osserva, eppure ad una lettura superficiale parrebbe che non abbia nulla di particolarmente stupefacente. Del resto neanche la Gioconda, con la quale la Vergine di Antonello condivide lineamenti raffinati e leggeri, ha molto di straordinario se non la si osserva attentamente. Di contro, come per il capolavoro leonardesco, anche l’Annunciata ha nello sguardo un fascino misterioso.
Gli occhi scuri, giusto complemento alla pelle olivastra che connota il suo viso, sembra che evitino di guardare chi le si pone davanti, preferendo dirigersi un po’ più in basso.
Basterebbe già questo per sollecitare una riflessione. Anche per i critici più affermati questo sguardo, assieme ad un volto estremamente giovanile, starebbe a dire che Maria non è ancora la Vergine pronta a farsi carico del destino che l’Onnipotente ha prefigurato per lei, bensì è soltanto una ragazza timida, incapace di nascondere il proprio disagio per l’annuncio che sta ricevendo.
A proposito del messaggio di cui è destinataria, non posso non notare un’altra significativa particolarità: per la prima volta nell’iconografia dell’annunciazione l’angelo Gabriele non c’è. Questa assenza genera una mancanza che si avverte immediatamente; un vuoto che è riempito, però, dalla nostra capacità di pensare, interpretare e di immaginare lo spazio in cui siamo immersi noi stessi. Cosicché si può dire che in questo modo diventiamo noi gli interlocutori dello sguardo pensoso di Maria; uno sguardo schivo ma non intimorito, come se già sapesse il significato straordinario dell’incontro che si sta compiendo.
E poi ci sono le mani, affusolate e gentili come quelle di una ragazza che non ha conosciuto la vita dei campi o i lavori pesanti. Non sarò certamente il solo a dire che sono loro le vere protagoniste dell’Annunziata di Antonello da Messina.
La sinistra stringe il velo attorno a sé, all’altezza del collo, cercando di nascondere il viso e le sue forme, come si conviene ad una giovane vergine che inaspettatamente si vede comparire un estraneo davanti. È tanto pudica che a mala pena lascia intravedere un triangolino della veste che indossa sotto l’ampio velo damascato, del colore dell’acqua, che le copre la testa.
Ancora più intrigante è la posa della mano destra, leggermente alzata, in un atteggiamento che induce a credere che Maria stia cercando di difendersi da qualcosa o qualcuno, o che lo stia ammonendo.
Che poetica visione, che struggente messaggio ci ritrovo nel dipinto di Antonello da Messina!
E poi c’è il libro, con il particolare delle pagine svolazzanti come se una folata di un vento leggero le avesse smosse; un soffio improvviso causato certamente dall’improvviso arrivo dell’angelo.
Ma che libro legge la giovane Maria?
Lo si può supporre dal capolettera, che riporta la lettera M e che quindi che quel libro è un manoscritto riportante il Magnificat. Ancora una suggestione!
Richiamavo poc’anzi l’attenzione sull’assenza dell’angelo Gabriele. Si può dire che se non lo troviamo nell’architettura del dipinto nulla vieta di immaginarlo accanto a chi osserva la tavola, mentre appunta lo sguardo alla Vergine. D’altro canto a suggerirlo ulteriormente è proprio la posizione delle mani, particolarmente la destra che sembra sbarrare il passo a qualcuno che le è di fronte. È solo una suggestione? Non più di tanto, se si considera che il pittore «rende la Vergine unica protagonista della scena, raffigurandola a mezzo busto e in posizione quasi frontale rispetto allo spettatore, posa che consente di dare rilievo alla sua postura, all’espressione del volto e allo sguardo, non fisso sulla Bibbia ma capace di andare oltre il dipinto stesso, coinvolgendo lo spettatore».
Concludo asserendo che questo capolavoro di Antonello da Messina va apprezzato non soltanto per la sua notevole qualità artistica, ma anche per l’intrinseca e straordinaria sua capacità di porgersi come opera da meditazione e come strumento per una lettura in termini assolutamente inediti sul tema dell’annunciazione a Maria.
Antonello da Messina (1430-1479) è stato un pittore vissuto nel ‘400 e nel corso della sua carriera ha realizzato molte opere che hanno lasciato il segno.
Nonostante venga considerato come uno dei più grandi capolavori di tutta la storia dell’arte, della storia della Annunciata e di chi l’abbia commissionato sappiamo poco e niente. Unica certezza è la data in cui fu realizzata, il 1745.
La tavola, che misura 46×34 cm, si trova nella Galleria regionale di Palazzo Abatellis a Palermo.