Nell’estate del 1932, decimo anno dell’era fascista, la città di Sant’Angelo dei Lombardi fu onorata dalla visita del Principe di Piemonte, S.A.R. Umberto di Savoia. Una visita auspicata da tanto e finalmente divenuta realtà. Fu tutt’altro che una visita veloce, perché l’erede al trono s’intrattenne per l’intera mattinata del 25 agosto, un giovedì caldo e assolato, nella cittadina altirpina, allora sede di sottoprefettura e capoluogo amministrativo dell’Alta Irpinia.
– Il Podestà Fischetti accoglie il Principe Umberto all’ingresso della città.
Ad accoglierlo in pompa magna si fece trovare il Podestà, avvocato Francesco Fischetti, scortato dalla guardia municipale in alta uniforme Michele Vespasiano (si dà il caso che fosse mio nonno paterno).
– Il Podestà Fischetti porge al Principe Umberto il saluto della cittadinanza.
Il luogo che i referenti del cerimoniale ritennero più idoneo per dare il saluto al Principe, a sua volta accompagnato da una lunga teoria di auto, con a bordo funzionari di vario rango e addetti militari, fu lo slargo antistante Palazzo d’Amelio, tra l’edificio scolastico che si stava realizzando e il monumento ai caduti della grande guerra inaugurato solo pochi anni prima.
Appena più in là il resto delle autorità cittadine: dall’Arcivescovo di Sant’Angelo dei Lombardi, mons. Giulio Tommasi, al Colonnello comandante il X Rgt. fanteria pesante campale, acquartierato nella caserma di San Marco, fuori le mura della cittadina, al Capitano comandante la Compagnia dei Regi Carabinieri.
Molti, anche i podestà e i referenti del Partito Nazionale Fascista convenuti dai paesi vicini, mentre dalla città capoluogo giunsero al seguito il Prefetto Francesco Vicedomini, con la consorte signora Gemma, il Questore comm. Alfonso Molina (quest’ultimo noto alle cronache del tempo per la sua fervente lotta alla pederastia) e la Delegata Provinciale dei Fasci femminili signora Resia De Marsico.
Con loro, ad attendere l’erede di casa Savoia anche tanti cittadini santangiolesi, che proprio non riuscirono a nascondere l’orgoglio per questa illustre visita, misto a una non nascosta curiosità.
Innanzi a tutti si staccava la giovanissima Idarella Fischetti, figliola del Podestà di Sant’Angelo, che con innata spigliatezza si fece avanti per consegnare al Principe Umberto un fascio di fiori, “a nome di tutte le signorine di Sant’Angelo“, come ebbe ad annotare lo stesso entusiasta genitore. Curato fin nei minimi dettagli dallo sguardo attento e premuroso della padrona di casa, la nobildonna napoletana Amelia Franchini, nella vicina abitazione dell’avvocato Fischetti fu approntato un piccolo ricevimento a base di pasticcini, caffè, sorbetti e bibite fresche.
Un rinfresco assolutamente opportuno dato il clima estivo di quella giornata, che il Principe mostrò di gradire molto e che al contempo fece sentire il Podestà legittimamente orgoglioso per l’onore che gli veniva fatto di aver potuto ricevere nella sua casa 1’erede al trono.
La breve sosta servì a Umberto per rinfrancarsi, seppure per pochi minuti, dopo il lungo viaggio in automobile, ed anche per salutare la folla che nel frattempo si era accalcata numerosa sotto i balconi di palazzo Fischetti, in attesa che il Principe si affacciasse.
– Il Principe Umberto si affaccia dal balcone della casa del Podestà, presente l’Arcivescovo Tommasi.
Una scena che a qualcuno più dotto o più avanti con gli anni ricordò quella analoga che ebbe per protagonista un altro personaggio illustre arrivato a Sant’Angelo: Francesco De Sanctis. Il sommo critico della letteratura italiana, giunto stanco e infreddolito il 19 aprile 1875 in quella che battezzò come “la mia città“, contrapponendola a Morra che era il suo paese natio, nonostante auspicasse di poter riposare un poco nel letto che il sindaco Bernardo Natale gli aveva per cortesia messo a disposizione, si vide costretto ad affacciarsi al balcone per rispondere agli affettuosi, ma chiassosi cenni di saluto che i cittadini santangiolesi gli rivolgevano dalla strada.
Scortato dalla gente e dalle autorità, la visita di Umberto proseguì poi attraversando la vasta e magnifica piazza che il Municipio aveva voluto intestare proprio a De Sanctis, compiacendosi per la nettezza dei luoghi e per il calore di quanti facevano ala al suo passaggio.
– Il Principe Umberto e le Autorità cittadina in corteo verso la Cattedrale.
Accompagnati dalla guida e dalle affabulazioni del dotto sacerdote don Antonio D’Amato, che si premurò di illustrare la millenaria storia di Sant’Angelo dei Lombardi, il cui nome rimanda alla presenza dei guerrieri longobardi, il Principe di Piemonte e il notevole seguito che lo accompagnava presero per via Roma, imboccando poi la lunga strada processionale intitolata a Vittorio Emanuele II, bisnonno del Principe di Piemonte.
Giunsero così all’antica Cattedrale, luogo ricco di storia e di opere d’arte molto ammirate dall’aristocratico ospite. Da qui, dopo un opportuno momento di preghiera guidato dall’Arcivescovo Tommasi (che aveva al suo fianco una folta rappresentanza del capitolo della cattedrale e il futuro parroco don Giuseppe Chiusano, allora giovane seminarista), passando sotto l’antica porta della città sovrastata dalla torre campanaria si spostarono sullo slargo che è una terrazza panoramica affacciata sulla vastità della Valle dell’Ofanto.
– Il Principe Umberto visita la Cattedrale.
– Il Principe Umberto, accompagnato dall’Arcivescovo Tommasi, attraversa la porta della città.
Raccontarono le cronache che Umberto, fortemente ammirato dalla suggestiva bellezza del paesaggio che guardava ad ovest, spaziando da nord a mezzogiorno e dall’imponenza delle montagne che le facevano e le fanno corona, abbia esclamato: «Che bel vedere!», offrendo così il nome a quel luogo.
Testimoni di quella memorabile giornata riferirono che: «Seguito dalle Autorità e dalla Cittadinanza acclamante, l’Augusto Principe visitò la Cattedrale, s’interessò delle belle opere moderne, sorte a fare del Comune una cittadina graziosa e industre, ammirò gl’incantevoli panorami della valle Ofantina, si compiacque dell’omaggio festoso da tutti resogli».
I modi cortesi del primogenito del Re Vittorio Emanuele III misero a loro agio l’Avv. Fischetti e gli altri maggiorenti della cittadina altirpina, cosicché questi azzardarono a chiedere all’autorevole ospite di tornare a far visita a Sant’Angelo, semmai assieme alla consorte, la principessa Maria José del Belgio, che aveva sposato appena due anni prima. Il Principe promise.
La sua affabilità fece sentire agli amministratori santangiolesi che potevano avanzare pure un’altra supplica, più rilevante di qualsiasi altra aspettativa: chiesero al Principe Umberto di farsi patrocinatore della causa che da un decennio la cittadinanza stava conducendo senza risultato, ovvero ottenere il ripristino del Tribunale di Sant’Angelo.
Una soppressione avvenuta all’incirca un decennio prima e che aveva messo «a dura prova il sacrificio della popolazione, privata della sua più importante istituzione».
Era dal 1923, infatti, che ogni via era stata tentata, dagli appelli fatti dai vari Podestà e da Mons. Tommasi sia con accorati messaggi epistolari al Duce sia recandosi personalmente a Roma per incontrarlo, fino alle pressioni che dalla lontana America l’ascoltata Società di Mutuo Soccorso “Cittadini di Sant’Angelo dei Lombardi di East Brooklyn” faceva giungere al Governo per il tramite di Piero Parini, il potente Direttore generale degli Affari all’Estero e delle Scuole.
La visita del Principe di Piemonte a Sant’Angelo dovette rappresentare un buon viatico, poiché il 6 novembre dello stesso 1932, l’anno del primo decennale» dell’era fascista, come si scriveva allora, venne approvato dal Governo il decreto che disponeva la riorganizzazione territoriale dei tribunali con la conseguente riapertura del presidio giudiziario santangiolese.
Anche in relazione alla soppressione decretata un decennio fa, se non fosse osceno il solo pensarlo, prendendo in prestito il titolo di un recente libro di Francesco Filippi, verrebbe da dire che “Mussolini ha fatto anche cose buone“!
Ottenuta l’auspicata riattivazione degli uffici giudiziari, note di ringraziamento furono inviate a quanti si pensò si fossero spesi per assicurare questo risultato. Prima di ogni altro al Capo del Governo e pure al Ministro di Giustizia, Alfredo Rocco.
A Benito Mussolini gli emigrati santangiolesi telegrafarono il seguente messaggio:
«Società Cittadini Sant’Angelo dei Lombardi di East Brooklyn apprende notizia ripristino Tribunale nella Città natale. Esultante per ridonato lustro et fortuna ai conterranei, ascrive Vostra Eccellenza benevolo provvido gesto et manda ringraziamenti, esprimendo omaggi devozione et riconoscenza. Sotto l’insegna littoria antico Tribunale riavrà novello decoro et Giustizia più meritato rispetto».
A Sant’Angelo, invece, si ritenne che fosse stato l’ardire del Podestà Fischetti, il quale aveva postulato il ripristino con Umberto, ad aver favorito la riapertura dell’ importante presidio di giustizia.
La memorabile visita dell’ erede della casa regnante volgeva al termine quando, giunti nuovamente là dov’ era stata accostata la lunga teoria di automobili, prima di congedarsi, Umberto volle fermarsi in muto raccoglimento davanti al monumento ai caduti; frutto anche questo della grande generosità degli emigrati santangiolesi in Nord America.
Nonostante le circostanze della storia abbiano portato l’erede al trono di Casa Savoia altre volte in Irpinia, ad esempio per le grandi manovre militari che nel 1936 si tennero nella Valle del Dragone, Umberto non ebbe più modo di tornare a Sant’Angelo. Andò più volte, invece, nel Convento di San Francesco a Folloni, a Montella, ove al Principe fu riservato addirittura un modesto appartamentino dove, durante la seconda guerra mondiale, soggiornò più volte e dal quale in maniera riservata riusciva a seguire le funzioni religiose.
Ma queste visite furono orgoglio e vanto della comunità francescana, prima ancora che della “città delle castagne”.