La copertina di un libro di José Saramago, Cecità, mi riporta alla mente un’esperienza di circa 40 anni fa.
Come tutte le sere – a prescindere dalle stagioni – con gli amici c’era la tacita intesa di incontrarci nella sede de “Il Dialogo”; luogo di ritrovo per tutti i giovani (e non solo) di Sant’Angelo, il mio paese.
Era un vecchio stabile nel centro storico. Vecchio ma meravigliosamente idoneo a tutte le attività sociali e culturali che si programmavano. C’era una piccola sala musica (talvolta usata anche per ballare… e per baciarsi!), una discreta biblioteca, il “salottino giallo”, un salone dove si faceva teatro, un’ampia sala dove conversare, giocare (carte, scacchi, dama, ecc.) e finanche mangiare. C’era la redazione dell’omonimo periodico “Il Dialogo”, e soprattutto c’era gli studi di “Radio Raid”, una radio libera, una delle prime e meglio strutturate della provincia, che trasmetteva sulla frequenza di 104 MHz; occasione per molti di misurarsi con la conduzione e/o con l’informazione giornalistica.
Quella sera a cui sono andato con la mente – si era in pieno inverno e una nevicata aveva riempito strade e piazze del paese – nel circolo eravamo davvero in pochi. I fedelissimi. Qualcuno era lì dal pomeriggio, qualcun altro arrivò col fiatone e bene imbacuccato. Non c’era don Bruno, mancava Mario, mancava soprattutto Vituccio. Antonio, poi, aveva deciso di chiudere anzi tempo bar e cucina ed era andato a rintanarsi da qualche parte.
Insomma era proprio il caso di tornarsene a casa. Qualcuno ci provò ad affacciare questo finale di serata. Macché!
Non ci arrendemmo, cosicché decidemmo di raggiungere Franco a casa sua. Più facile a dirsi che a farsi, però, poiché nel frattempo aveva ripreso a nevicare con particolare virulenza, tanto che andò via pure la pubblica illuminazione.
Praticamente una volta fuori dallo stabile ci trovammo immersi nel buio praticamente completo. Non si vedeva a un palmo dal naso. Colpa anche del vento che muoveva la neve come lame affilate e che ci costringeva a coprirci anche il viso e gli occhi.
Arrendersi? Sciogliere la compagnia? A toglierci dall’impiccio ci pensò Salvatore, che per essere un cieco totale nel buio pesto si trovava sin dalla nascita.
– «Mettetevi in fila indiana e mantenetevi uno all’altro che vi guido io!»
E così facemmo, con Salvatore in testa alla fila e noi dietro riuscimmo ad arrivare a casa di Franco in poco tempo. Ovviamente con grande sorpresa sua e della moglie, ma anche per la gioia dei figli che con la casa piena di amici riuscirono ad evitare di andare a letto di buon’ora. Ovviamente furono stappate un paio di bottiglie di rosso; di quello buono che a casa di Franco non mancavano mai.
Miracolo della cecità. Quella di Salvatore e anche quella di Saramago!
A volte la cecità può essere un dono straordinario