A BARBIANA
Ci sono cose, sogni che conti di veder realizzati e per i quali saresti disposto ad attendere una vita. Ebbene, io per il sogno di essere qui a Barbiana e di potermi chinare sulla tomba di don Lorenzo Milani sarei stato pronto ad aspettare anche due vite.
Tante sono le parole del Priore che mi ritornano ora alle orecchie; sono per lo più quelle della “Lettera a una professoressa”, bibbia laica del mio mestiere di insegnante. Invece in questo tempo balordo di balordo sovranismo mi rimbombano prepotenti le parole che don Milani, deciso a non essere un “funzionario del sacro”, scrisse nella “Lettera ai cappellani militari”; una missiva che divise la Chiesa e la società civile e che, dopo un’iniziale assoluzione in un’aula di tribunale, procurarono al priore di Barbiana una condanna che arrivò dopo che, purtroppo, “sorella nostra morte corporale” aveva già reciso l’esile filo che teneva legato don Lorenzo ai “suoi” figli e al mondo terreno.
“Non discuterò qui l’idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni.
Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.
Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se le giustificherete alla luce del Vangelo o della Costituzione. Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per le loro idee pagano di persona.”
(dalla “Lettera ai cappellani militari”, di don Lorenzo Milani)